lacuna e equilibrio

Marco Maria Zanin

La serie ‘Lacuna e Equilibrio’ pone una domanda relativa alla nostra relazione di fronte alla rovina, al detrito, ai resti del passaggio dell’uragano della modernità. Perché se dopo il suo passaggio rimane ancora un briciolo di umanità, è intrinseco ad essa l’impulso alla costruzione di nuovi significati.
Forse gli oggetti di scarto non sono meno importanti. Probabilmente anche attraverso di essi, esclusi dall’orizzonte della modernità non avendo più alcuna funzione, con il giusto sguardo, è possibile aprire una temporalità alternativa, costruire una proposta per il futuro, una possibile via di uscita. Che però richiede un sincero atto di amore, la capacità di abbassarsi, inginocchiarsi a raccogliere i pezzi di ciò che è andato distrutto, dimenticato, per ridarne una nuova collocazione nel presente.
San Paolo del Brasile, nella sua disorganizzazione arbitraria, è una città che ricostruisce se stessa tre volte ogni cento anni. Espressione del rapporto patologico con il tempo della società contemporanea, edifici vengono costantemente demoliti per far spazio ad altri con caratteristiche più funzionali al massimo profitto del momento, destinati a diventare essi stessi rovine in poche decine di anni.
Le tonnellate di detriti di questo processo di smantellamento vengono prima accumulate nelle caçambas, grossi contenitori di ferro posti nelle strade di fronte ai cantieri della città, e poi, in un viaggio oscuro, portati via.
Cercando una guida in Giorgio Morandi, che dipinse tutta la vita oggetti della umile quotidianità riuscendo ad elevarli ad una dimensione atemporale e metafisica, ho scelto con cura le macerie della città demolita, provando a collocarle in uno spazio neutro, osservando se fuori dalle dinamiche che ne hanno definito il destino, fossero possibili altri livelli di lettura.

Prima come ricordo e poi come seduzione. Due facce della memoria. | Ana Luisa Lima

Era un calcolo impreciso, tutte le volte che tentavo di misurare quello che mi risuonava come ricordo e le cose che di fatto erano cicatrizzate in me. Forse è questa la variabile necessaria, che assieme alla costante del tempo lineare tale come siamo abituati a sperimentare, rende possibile prevedere il futuro. Se da un lato le vestigia di ciò che è stato si insinuano sotto forma di tenerezza, il tempo presente desidera bruciare qualcosa che costruisca un senso affinché ciò che deve venire non si converta in qualcosa di oscuro. Persino i ricordi più terribili del passato, quasi sempre, fanno un accordo con il Tempo affinché con il loro passaggio sia possibile una perdita relativa del loro peso. Affinché perdano almeno un po’ della loro violenza, e rendano possibile al corpo di chi è sopravvissuto il contenerne il dolore. Un’etica necessaria.
Nella politica dei corpi, degli affetti, degli oggetti, dei desideri e degli avvenimenti, ogni azione ne richiede un’altra che reagisca, così da rendere sempre possibile la sensazione di un nuovo inizio. C’è una parte di noi che desidera equilibrio, e un’altra che trova nella lacuna, nella mancanza, nell’assenza, l’impulso che trasforma ogni lacerazione in ricerca. E’ questo che i lavori di Marco Maria Zanin realizzati nel suo soggiorno in Brasile sussurrano. Sotto il calore di un’altra luce, che ha portato sulla sua fotografia, l’artista punta verso l’Italia della sua memoria. E così, detriti raccolti per le vie di San Paolo diventano, per l’incanto delle forme, una pittura di Morandi. Le nature morte di Zanin ora però non parlano più del genere pittorico reso immortale dal pittore italiano, ma dell’insuperabile condizione umana che è l’anelito verso la costruzione dei suoi significati. In questa ricerca, in quanto popolo, partiamo dalle rovine. In quanto individui, dagli album ingialliti dal tempo e dalla polvere.
Il ricordo è sempre fuggevole e volubile, ha bisogno di qualcuno che lo reinventi, lo riscopra, lo mantenga al caldo sotto le carezze dei propri desideri di significazione. Non è forse così anche l’amante infedele?